Και μάλλον Έλληνες καλείσθαι...

"Και μάλλον Έλληνες καλείσθαι τους της παιδεύσεως της ημετέρας ή τους της κοινής φύσεως μετέχοντας" ΙΣΟΚΡΑΤΗΣ

(“Siano chiamati Elleni gli uomini che partecipano della nostra tradizione culturale più di quelli che condividono l'origine comune” ISOCRATE)

28 maggio 2013

Racconto greco


Kostas Akrivos
Gli uomini di una volta



Per Vanghelis Chatzighiannidis

Che donna, quella! Una che non si faceva mancare niente: chiac­chiere, soldi, uomini… Li gettava per aria e in un batter d’occhio li faceva suoi. Perché quella smargiassa era bella, bella e ne sapeva una più del diavolo. Cinquantacinque anni e non ne dimostrava nean­che trenta. Con una chioma nera e riccioluta, e certe labbra che sem­bra­va­no promettere il paradiso. Tutta dedita ai par­ruc­chieri e alle pa­lestre. Quando bussarono il campanello, “AFFITTASI MONO­LO­CALE A STUDENTI – CANONE MODICO”, lo sguardo di en­trambi andò a fissarsi sull’ampia scollatura della ve­sta­glia. Era così che accoglieva gli aspiranti inquilini? Li riscosse il suo “desiderano?”. L’uomo tos­sic­chiò per schiarirsi la voce e poi: “È per mio figlio, qui… È iscritto a medicina, primo anno… Abbiamo visto il cartello e…”.

   Li fece accomodare. Il monolocale era molto piccolo e dava sul cortile interno. Però era in ottime condizioni ed era stato imbiancato di fresco. La donna non stava zitta un momento: da questa parte c’è il bagno, le spese condominiali sono più o meno queste, le tapparelle sono nuove ed ecco il piccolo armadio a muro per gli abiti. Lei abi­ta­va nell’appartamento accanto. Un trilocale. Da sola. Senza distogliere lo sguardo dai due visitatori, tirò fuori le Marlboro dalla tasca della vestaglia. “No, grazie”. L’uomo aprì il suo, di pacchetto. Assos senza filtro. “E il ragazzo?”. Secondo rifiuto. Questa volta con un cenno del capo, non sollevava quasi mai lo sguardo dal pavimento. “Bene, se non hanno altre domande, che ne direbbero di accomodarsi a casa mia per un caffè?”. Accettarono. Il ragazzo preferì un caffè frappè, che bevve in un paio di sorsi. L’uomo un “caffè greco senza zuc­che­ro”. In attesa del caffè, il ragazzo sussurrò all’orecchio del padre: “Io esco a fare una passeggiata… Voglio dare un’occhiata alla città…”. Lei però lo sentì e disse: “Non salire sulla fortezza, nella città vecchia. Meglio se vai al porto, dove ci sono i locali frequentati dai giovani”.
   Rimasero soli. L’uomo cominciava ad avere la netta sensazione che stesse per accadere qualcosa. Tuttavia non poteva certo immagi­narlo in tutta la sua magnificenza. Esaurirono le formalità: il liceo in cui aveva studiato il figlio, da dove venivano esattamente, la situa­zio­ne familiare, il conto corrente sul quale versare la pi­gio­ne ogni primo del mese. Eppure… Eppure la voce dell’uomo si anda­va vieppiù smorzando. E lo sguardo, benché si sforzasse di tenerlo a freno, ora le accarezzava le gambe e ora le leccava le braccia. Si era abbandonato alle fantasticherie. Ogni occhiata gli offriva l’occasione di perdere la testa. Finché a un certo punto si sentì scoppiare la patta dei pantaloni – erano due anni che non percepiva un palpito di vita, là dentro. Per evitare la vergogna si sfilò lesto la giacca e se l’appoggiò sulle gi­noc­chia. Lei intanto si era alzata e si era messa ad armeggiare con la ra­dio. A un certo punto si udì uno zeibekiko travolgente in­ter­pre­ta­to da Marika Ninu:[1] Zingaro folle… La coincidenza lo fece trasalire: quel brano un tempo l’adorava. Fece per dir­glielo ma non ci riuscì. La mano di lei, serpe dell’Eden, gli si era po­sata sul collo e aveva preso ad ac­ca­rez­zar­glielo con la punta delle dita. Lo colse un fremito, ri­ma­se di sasso. La mano cominciò a scendere. Valicò lo sterno e sci­vo­la­va sempre più in basso. Si impigliò nella ca­nottiera, volteggiò intorno all’ombelico, si mise a giocherellare con i peli, per fermarsi poco prima della cintura. “Meglio che ti sbot­toni o finisce che ti viene una congestione”, disse ridendo. Lui cercò di aprire la bocca. Riuscì soltanto ad ab­boz­zare un sorriso ebete. Fatto quello che dovevano fare, disse che sa­rebbe venuto a tro­vare il figlio il più spesso possibile. Così avrebbe potuto versarle la pi­gione “di­ret­tamente”. A questo punto però si mostrò inflessibile: “Il ragazzo però lascialo in pace. Intesi?”. In quel­l’istante si udì il cito­fo­no. Era il “ra­gazzo”. A un passo dalla porta le diede un bacio pro­fon­do e ap­pas­sionato. Lei ricambiò con una nuova palpata.

   “Cosa vuoi che m’importi di tuo figlio! Era tanto tempo che non mi sentivo così… Come con gli uomini di una volta. Tua moglie buo­nanima era una donna fortunata”. Le mise una mano sulla bocca, bruscamente, con violenza. Lei si lasciò fare. Poi infilò una gamba in mezzo a quelle di lui. Si carezzarono ancora con furia animale. Si staccarono a fatica. I sei anni successivi il primo di ogni mese pren­de­va la corriera, percorreva duecento e rotti chilometri e giungeva a de­stinazione: era vedovo e aveva trovato un modo per sfogarsi. E quando a volte gli capitava di sentirsi in colpa, di essere assalito dai rimorsi, pensava che così va il mondo: quando il tuo compagno di vita finisce sottoterra, che altro resta da fare? Il primo giorno di ogni mese il “ragazzo” rincasava sempre tardi, trattenuto da provvidenziali laboratori, lezioni di anatomia, esami. Andava a coricarsi senza ac­cen­dere la luce. Le ore passavano. Finché a un certo punto dal letto ac­canto si udiva una specie di tosse soffocata. “Sei qui…”. “Sono qui…”, rispondeva in un sussurro. Era notte fonda. Le tenebre squarciate dalla brace delle sigarette.

----------------------------------
[1] Celebre interprete del rebetiko, nata a Istanbul nel 1918 [N.d.T.]


Kostas Akrivos è nato a Volos nel 1958. È autore di romanzi e rac­conti. In Italia Crocetti ha pubblicato il romanzo Pandemonio. Il racconto qui presentato (titolo originale “Το πράµα το πα­λια­κό”) è compreso in Τελετές ενηλικίωσης (“Riti di passaggio”), Atene, Edizioni Metèchmio 2009.

Maurizio De Rosa è nato a Milano nel 1971, ma vive ad Atene da molti anni. Studioso di letteratura neoellenica, è il traduttore italiano di alcuni dei principali autori greci contemporanei. 
Nel 2011,insieme alla sua collaboratrice Tatiana Bertolini, fonda la EmmeTi,una casa editrice che si propone di far conoscere al pubblico italiano la storia e la cultura dei Paesi dell'Europa orientale e della Grecia 



La ricca antologia Il vicino di casa (EmmeTi, Milano 2011) a cura di Maurizio De Rosa, raccoglie ventotto bei racconti che rappresentano ventotto versioni della letteratura greca e cipriota contemporanea.

Trovarla a Roma e a Milano non è difficile, vi elenco qui di seguito i punti vendita.

Roma:

Libreria Odradek Via dei Banchi Vecchi 57;
Libreria Lo Yeti, Via Perugia 4;
Libreria Alegre Interno4, Circonvallazione Casilina 72/74;
Libreria Antigone, Via degli Ausoni, 48.

Milano:

Libreria Utopia via Moscova 52 Milano
Libreria Popolare via Tadino 27 Milano
Libreria Linea d'ombra via San Calocero Milano
Libreria Largo Mahler via Conchetta 2 Milano
Libreria L'incontro Via Plana Milano

Nessun commento:

Posta un commento